Encara de nou
La Gallera, Valencia. Spagna
30 aprile - 18 giugno 2008
a cura di Alba Braza
Encara de nou 2008, particolare dell'installazione. La Gallera, Valencia
Encara de nou (Un altra volta ancora) nasce dal desiderio comune di Daniela De Lorenzo e mio, di realizzare una mostra nella quale il rispetto per la struttura dello spazio espositivo e per la sua storia fosse un punto fermo; una mostra, in altre parole, in cui l'opera e lo spazio convivessero a pieno.
L'idea di partenza era quella di realizzare un progetto più modesto di quello attuale. Si trattava inizialmente di proiettare il video Dammi il tempo! E di esporre la scultura in ceramica intitolata Sur place. In seguito abbiamo avuto la possibilità di ampliare il progetto grazie al finanziamento de Consorcio de Museus de la Comunidad Valenciana che ha commissionato opere inedite, da realizzare appositamente per La Gallera, opere che a seguito di un attento studio dello spazio ne rispecchiassero le sue caratteristiche e la sua specificità.
Il titolo della mostra Encara de nou , è di ampio repsiro, come il progetto stesso. In esso viene reiterata l'idea della ripetizione intesa come azione, inoltre vi troviamo già racchiuso (o anticipato) quel senso di impossibilità che la ripetizione porta con sé. I video sono montati in loop, le sculture rimandano al video, l'allestimento della mostra riproduce la struttura dello spazio (inteso non come sala espositiva ma come arena per il combattimento dei galli) e rimanda anche all'epoca in cui fu costruito. In definitiva è l'esposizione nel suo insieme, come del resto tutto il lavoro di Daniela De Lorenzo, a rappresentare una continua citazione della storia dell'arte europea.
Il progetto
La prima volta che Daniela De Lorenzo venne a Valencia per conoscere La Gallera rimase incuriosita e ammirata dalla pittura spagnola di epoca barocca e dalla storia di quel periodo. Particolare interesse suscitò in lei l'utilizzo tradizionale che si faceva di quello spazio, ovvero il fatto che fosse adibito ad arena per il combattimento dei galli.
Quando alzo lo sguardo verso la balaustra della Gallera inevitabilmente mi vengono in mente alcune delle immagini più radicate nella nostra cultura, come ad esempio la raffigurazione ad opera di Goja del miracolo di Sant'Antonio da Padova, nella Cappella di Sant'Antonio della Florida a Madrid.
Si parte da una ovvia ma funzionale: uno spazio circolare con un diametro di circa nove metri e con un perimetro interno costituito da un dodecagono a sua volta contrassegnato da archi e pilastri che percorrono le due altezze dello spazio.
Il piano terra è dedicato al motivo per cui siamo lì, ovvero il combattimento dei galli, il primo piano invece è riservato agli spettatori, ai quali non interessava soltanto riuscire a vedere il gallo vincitore, ma anche assistere a tutto quanto si svolgeva in mezzo agli altri spettatori (azioni, movimenti, episodi particolari) e tra gli scommettitori, vincenti o perdenti, in modo da poter dare libero sfogo all'inevitabile istinto voyeuristico che questo spazio suscita.
Dammi il tempo! Installazione video (particolare)
Encara de Nou riproduce il gioco di sguardi che nell'arena scaturiva dall'azione, questa volta però si tratta di un azione che ha un soggetto e una ragione d'essere diversi. Ad ogni modo l'azione continua a svolgersi al piano terra dove, appoggiate al suolo , ci sono tre sculture di feltro rosso che si contorcono in modo innaturale e forzato. Al primo piano, tra gli archi, vengono proiettati in alternanza sei video che da terra lo spettatore riesce a vedere solo se opera un leggero movimento, una specie di contorsione che gli da la sensazione di venire a sua volta osservato dalle varie figure che compaiono nei video e di entrare così anche lui a far parte dell'azione.
Anche l'opera Davanti, discretamente situata nell'angolo a sinistra di chi entra, prende parte a questo gioco di sguardi. Si tratta di un autoritratto dell'artista che nasce da uno sguardo doppiamente truccato: a partire da un ciglio finto collocato in mezzo ad una guancia, l'artista proietta uno sguardo posticcio verso la macchina fotografica che lei stessa sorregge con una mano, senza avere a disposizione nessun comando a distanza. Siamo in presenza dunque di un ulteriore sguardo rivolto al centro della scena, lo sguardo di uno spettatore fuori luogo anche egli voyeur.
Ma è al primo piano che ci si sente veramente spettatori: qui si possono guardare i video da una posizione più naturale e anche le sculture possono essere apprezzate dal giusto punto di vista.
L'impronta storica che si è scelto di dare allo spazio rinvia alla storia di un epoca e presenta i necessari riferimenti all'arte del periodo. Pier Luigi Tazzi ci offre una particolare rilettura della storia dell'arte, fatta alla luce dell'opera di Daniela De Lorenzo.
Scevra da ispirazioni o propositi di tipo religioso, Encara de nou ri-prende solamente i canoni e le modalità dell'esperienza mistica, non la sua essenza.
Le tre sculture al piano terra sono state realizzate a partire dal corpo dell'artista: è lei a fare da stampo e da modello, ed inoltre è lei la scultrice. Le opere sono state realizzate in feltro, un materiale solitamente usato per confezionare abiti al quale potrebbe essere dedicato l'intero catalogo; un materiale che con Daniela De Lorenzo diventa di per se stesso corpo, poichè è l'assenza, l'impronta di un gesto, a segnalare la presenza di chi sta, è stato o starà per arrivare; un aspetto quest'ultimo che sarà analizzato in dettaglio da Fernando Castro Flòres.
Si tratta di gesti che fanno da filo conduttore tra il primo e il secondo livello, gesti che ci invitano a sollevare lo sguardo, e quasi lo indirizzano, un po come accade nelle scene raffigurate da artisti come Juan de Juanes nell'opera di San Esteban 'Disputando en el templo'(1565c.) , in cui il braccio del santo indica allo spettatore qual'è l'ordine da seguire nella storia narrata, oppure nella Resurreccìon (1584- 1610) di El Greco, in cui il senso di verticalità è espressamente segnalato dalla presenza di corpi slanciati, con le braccia protese e i colli allungati fino ad assumere una posizione simile a quella dello spettatore Al primo piano ,Daniela De Lorenzo, si avvale del video come mezzo per rappresentare ciò che non è rappresentabile, concetti antichi come il tempo, la memoria , l'assenza...Una rappresentazione del non-rappresentabile, e dell'intangibile, in uno spazio tradizionalmente riservato proprio a questo; la mancanza di chiarezza, la nebulosità dello stile mistico non è altro tuttavia che la concordanza tra il discorso e il suo oggetto. Si tratta, di certo, di un altro tipo di linguaggio che parla di un altro tipo di realtà. Questo aspetto emerge in modo chiaro prendendo in considerazione i mezzi espressivi usati nell'esperienza visiva del sacro: una 'luce cupa', il ' chiarore notturno', un 'raggio tenebroso' sono tutti ossimori che rispecchiano i paradossi del visualizzato, paradossi che forse potremo adeguatamente riassumere nella forma : “vedo tutto e non vedo niente”.
Dammi il tempo! (particolare)
II Dammi il tempo!, Veggente e Davanti....come ritratto assoluto
Se improvvisamente Daniela De Lorenzo decidesse di trasformare il video Dammi il tempo! In un quadro si ritroverebbe innanzitutto una figura un soggetto (in questo caso la danzatrice Ramona Caia) e poi inviterebbe questa figura a portare a termine un azione seguendo le sue direttive. Si tratterebbe per Daniela di indicarle a parole i movimenti da eseguire, dando così luogo in definitiva ad un secondo dipinto.
Tra gli elementi che attraversano gran parte della produzione artistica di Daniela De Lorenzo, e che ricorrono anche nelle opere scelte e realizzate per La Gallera, ci sono senz'altro il tema del ritratto e dell'autoritratto (considerati per il momento come un unico genere) e il pensiero di uno dei filosofi contemporanei più amato dall'atista Jean-Luc Nancy.
La realizzazione di Dammi il tempo! Consta di due fasi che insieme danno luogo a un unico risultato artistico. In un primo momento Daniela fotografa la danzatrice dopo averla fatta mettere in una particolare posizione (forzata) ; in un secondo momento questa fotografia viene proiettata (diventando dunque una diapositiva) sulla danzatrice stessa che a sua volta viene istruita verbalmente affinchè riproduca il più fedelmente possibile, attraverso una serie di movimenti lentissimi, l'immagine-gesto proiettata su di lei e che lei stessa non può vedere, dato che riceve solamente su di sé la luce dell'immagine. La volontà di riprodurre la posizione iniziale dipende esclusivamente dai desideri e dalle esigenze di Daniela De Lorenzo, e di fatto quella posizione originaria è presente non tanto nella memoria della performer quanto in quella di Daniela.
In ognuno dei video l'immagine della diapositiva è statica, inoltre è organizzata sempre a partire da una figura, ma nonostante si tratti sempre dello stesso soggetto ogni volta c'è qualcosa che ci rivela una personalità differente, come si trattasse di un altra persona. Se consideriamo che un ritratto è la rappresentazione di una persona per come lei stessa si considera possiamo dire che il nostro soggetto forse incarna varie personalità oppure ci mostra diversi aspetti di una stessa personalità, in ogni caso si tratta di un informazione controllata e delimitata da parte del soggetto rappresentato.
E comunque siamo pur sempre in presenza della stessa persona che non agisce e non si esprime, non ci racconta né chi (il nome viene omesso anche nel titolo dell'opera), né qual'è la sua professione o la sua posizione sociale...rappresenta una persona per sé stessa, non per i suoi attributi o attribuzioni, né per i suoi atti o per i rapporti in cui è impegnata. L'oggetto del ritratto è, in senso stretto, il soggetto assoluto: distaccato da tutto ciò che non è lui, ritirato da ogni esteriorità.
Veggenti 2008, feltro
Un ritratto 'autonomo' che funziona da sé: si organizza attorno alla figura che è propriamente, in se stessa, il fine della rappresentazione, escludendo qualsiasi altra scena o rapporto, qualsiasi altro valore o scopo di rappresentazione, evocazione o significato.
Ma nell'opera di Daniela De Lorenzo c'è la possibilità di combinare le altre categorie del ritratto,(di nuovo la rappresentazione del non rappresentabile) poiché, nella seconda fase della creazione dell'opera, attraverso il movimento ci viene rivelata l'informazione dapprima omessa. Ogni video è pieno di riferimenti nascosti alla letteratura, alla pittura e al cinema...a storie e immagini che in qualche modo sono passate a formar parte dei ricordi dell'artista.
In questo senso, il video con la figura con le mani giunte può essere considerato una sintesi della pittura di Jacopo Carucci, conosciuto come il Pontormo; il video in cui la performer porta le braccia a terra e cammina rimanda ad una fotografia dell'inglese Eadweard Muybridge; oppure il video in cui la performer allarga le braccia a formare una croce col proprio corpo rievoca la postura particolare assunta dalla protagonista di un racconto di Kafka ….Josefine intonava il suo fischietto trionfale ed era completamente fuori di sé, con quelle sue braccia protese e quel suo collo che non avrebbe potuto tendersi di più.
Josefine non deve far altro che ripiegare un pochino la sua testolina e, con la bocca appena socchiusa e gli occhi rivolti all'insù, assumere quella posizione che fa capire che ha intenzione di cantare.
Nell'opera di Daniela De Lorenzo questo secondo tipo di ritratto non soltanto convive accanto al primo, ma va continuamente alla ricerca di esso; non dobbiamo dimenticare infatti che l'unico obbiettivo della performer è quello di riuscire a ripetere la posizione iniziale...una sorta di ricerca di se stessa, della sua memoria e dell'immagine che vuole svelare.
Se ci atteniamo alla seconda classificazione di ritratto proposta da Nancy, quella basata su la quantità di persone rappresentate, vediamo che anche in questo Daniela De Lorenzo riesce a riunire le due definizioni di ritratto. Ogni video raffigura infatti un unico soggetto, rientra dunque nel criterio per cui l'organizzazione del quadro tenda sempre al semplice staccarsi di tale figura dallo sfondo monocromatico di valore equivalente all'assenza di fondo. Allo stesso tempo,però, le figure ritratte sono varie, ce ne sono sei, ma non bisogna dimenticare comunque che si tratta di un unica opera.
Davanti 2007, fotografia digitale montata su plex
La caratteristica di un ritratto plurale è sempre il mutuo evitarsi degli sguardi: essi non si incrociano non si cercano neanche. I personaggi non si relazionano. La loro presenza comune nel quadro costituisce, a rigore, una sorta di ridondanza e perfino di risonanza (canone o fuga, in termini musicali) del motivo del soggetto in persona. I loro sguardi devono rimanere senza attenzione reciproca, e tra essi hanno in comune solo il fatto di essere ognuno autonomo.
Ma qual'è realmente il soggetto ritratto? Ramona Caia è solamente la volontà, intesa come conseguenza di un desiderio; è l'immagine che Daniela De Lorenzo vuole mostrare nel suo ritratto, o meglio nel suo autoritratto, poiché si tratta del suo alter ego.
Anche le sculture nascono da Daniela, dalle sue mani e dal suo corpo, è la sua assenza fisica (risultato del procedimento artistico) ciò che apre le porte ad un discorso coerente e continuo che ogni spettatore può affrontare sentendolo parte di se stesso.
E' continuo gioco di dissimulazione: collocare un ciglio finto in un punto insolito, vestirsi e poi svestirsi di feltro, andare alla ricerca di prospettive impossibili tenendo in mano una macchina fotografica in-controllata.
Ritratti come contenitori, che possiedono, inglobano e racchiudono discorsi atemporali e anonimi come il tempo, l'assenza , la memoria....
English text
Alba Braza Valencia 2007